Sveglia!

La sensazione che mi visita è quello del più lancinante immobilismo, dell’impaludamento. Immobile è il palazzo, immobile è il corpo civico che non ha più nessuna polemica da cantare. È la paralisi. E quando tutto stagna vuol dire che anche le vie di sbocco sono seppellite. Chiusa ogni via di fuga, non si corre più piuttosto si cade.

Mi piace identificare il sindaco come una figura prismatica, che concentra una pluralità di maestranze. Il sindaco non deve essere un geniale matematico, i numeri sono un pretesto. Pretendo che sia un chimico, abile manipolatore, alchimista dell’artificio che modifica le situazioni con vantaggio comune. Io mi aspettavo politici un po’ maghi, non perché sapessero fare miracoli ma perché sapessero osare. Forse “eppur si muove”, ma io non me ne accorgo.

Il sindaco deve essere un buon meteorologo in grado di intercettare i climi sociali che cambiano. E pure un esperto geologo con cognizione della propria terra. Deve avere capacità di previsione? No, non mi serve un veggente. È troppo comodo proiettarsi nel futuro. Diventerebbe una scusante. Io voglio il sindaco del qui ed ora, dell’hinc et nunc e del sic et simpliciter. Per ora non ne ho riscontro. Quella stanza dei bottoni è una nicchia fatata dove si comanda ma non si decide, se non per un decisionismo pavido. Le formule risolutive sono castranti. Forse tutto quello che si poteva cambiare è stato già depredato delle sue soluzioni. Mi piace la parola “forse”: l’incertezza, ma anche la possibilità. Però “sveglia”!

FEDERICA TUDINI

 

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