Farmacia, sbloccata la somma per le forniture. Tutto bene quel che finisce bene?
|Nelle settimane precedenti alcuni cittadini hanno trovato una brutta sorpresa in farmacia: alcuni farmaci non erano in commercio e neppure ordinabili. Si conferma lo stato deteriorato della farmacia pubblica. Sembra ci fosse uno scoperto del Comune inadempiente verso i fornitori sanitari. Le voci hanno preso a rincorrersi e, per quanto siano un ronzio fastidioso per le orecchie di chi vuole difendere la propria immacolatezza, si può dire che un certo effetto l’abbiano sortito. Con la determina del 9 maggio 2016 (visitabile sull’albo pretorio del sito del comune) il Responsabile del servizio della farmacia comunale autorizza la liquidazione dell’impegno di spesa. Una cifra abbastanza importante: 121.849,90 euro comprensiva di IVA. Dovrebbe ritornare la regolare fornitura dei farmaci. Tutto a posto? Non proprio. La liberazione delle risorse non è un ombrello contro notevoli incongruenze. Intanto il numero della somma liberata è già interlocutorio. Una fornitura singola non si aggira alla tripla cifra. Difficile che superi anche i 50 mila euro: è abbastanza intuitivo che il volume delle prestazioni della farmacia comunale è ben al di sotto di questo valore. Suggerisce che c’è stato un accumulo di rate scadute. Nello sfoglio dell’archivio delle determine comunali fino all’ultima del 16 febbraio 2016, non si trova altra documentazione sulle liquidazioni. Difficile che da dicembre 2015 fino a maggio 2016 non ci siano state altre scadenze di pagamento. C’è pure l’articolo 9 del Decreto del presidente del consiglio dei ministri 22 settembre 2014 prevede che venga elaborato un indicatore trimestrale sullo stato dei pagamenti entro 30 giorni dalla fine del trimestre. Serve per monitorare il livello di efficienza nella spesa pubblica, soprattutto quando le amministrazioni locali percepiscono contributi, e questo nel campo sanitario si verifica, dallo stato centrale attraverso l’imbuto delle regioni.
Errore Tecnico? Ma intanto paghiamo gli interessi
La normativa ultima del 2015 introduce nuove disposizioni nel rapporto con la pubblica amministrazione. Prevede che tutte le scritture inerenti transazioni commerciali passino attraverso una piattaforma elettronica. Le famose fatture elettroniche. L’Agenzia delle Entrate impone che il responsabile tecnico emetta un codice CIG (Codice identificativo di gara) per le informazioni obbligatorie ai fini della tracciabilità. Il codice deve essere comunicato a chi si occupa dei pagamenti. Visto che la normativa è del 2015, dalla data della previsione ai tempi recenti forse non si è provveduto a generare questo CIG? Se le fatture non sono provviste di questo marchio non possono essere saldate, anche perché materialmente il CIG dovrebbe essere imprintato nel bonifico. Altra vulnerabilità: la direttiva europea prescrive che dopo 60 giorni dall’ultima data utile per saldare il pagamento scattino gli interessi di mora. Questo ritardo costa l’8% l’anno a cui si aggiunge uno 0,25% per il tasso centrale della Banca Centrale Europea calcolati sugli importi delle rate scadute. Scatta in automatico senza che sia necessaria una comunicazione da parte del creditori. Il bilancio della farmacia, ergo del Comune ha in pancia anche questa quota spazzatura. Questo elevato stock di sofferenze falcia anche il valore dell’attività. Il trasferimento ad un privato avverrebbe al prezzo di svendita. Va bene, le forniture verranno sbloccate. Ma quali saranno i tempi di recupero? Nel gergo economico si dice “a babbo morto”.
P.S. Tutti i provvedimenti citati si trovano sul sito del Mef, Ministero della Salute e Agenzia delle Entrate
FEDERICA TUDINI