18.000 anni fa: l’arrivo dell’uomo in Alta Val di Sangro
Alcune delle tracce più antiche riguardanti la presenza umana nell’odierna provincia dell’Aquila sono state rinvenute fra gli anni Sessanta e Settanta del XX secolo presso Toppe Vurgo, Monte Genzana ed il Piano delle Cinquemiglia, tutte zone limitrofe all’area del Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise. In queste località sono stati rinvenuti alcuni oggetti in pietra lavorata risalenti al Paleolitico medio (tra 200.000 e 40.000 anni fa).[1] Al Paleolitico superiore (18.000 anni fa) risalgono invece i ritrovamenti effettuati all’interno della grotta Achille Graziani, sui quali si intende porre l’attenzione nel presente articolo.[2] La grotta Achille Graziani, già nota come grotta dei Banditi (la grótta di Bbanditë in villettese), si trova sul versante settentrionale di Colle Santa Maria, nel territorio comunale di Villetta Barrea, fra l’area di Piana della Corte e la confluenza del torrente Scerto con il fiume Sangro.
Fotografia di Davide Boccia
Figura 1 – L’ingresso, oggi, della grotta Achille Graziani.
Il primo a condurre delle ricerche in questo sito fu, nel 1870, Achille Graziani (1839-1918), membro della borghesia villettese e pioniere della archeologia in Abruzzo nella seconda metà del XIX secolo. Ottantacinque anni dopo, nel 1955, fu lo studioso di preistoria Antonio Mario Radmilli (1922-1998) a ispezionare con criteri scientifici la grotta dei Banditi, da lui rinominata grotta Achille Graziani in onore del suo perspicace predecessore villettese. All’interno della grotta, sia Graziani che Radmilli rinvennero antiche tracce di focolari e diversi oggetti in pietra lavorata prodotti da cacciatori vissuti in quest’area durante il Paleolitico superiore. Questi reperti sono costituiti da punte di armi per la caccia e da numerosi utensili come lame di selce, perforatori e raschiatoi utili a scanalare, sagomare e forare svariati materiali quali ossa, corna, legno e pelli.[3]
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Figura 2 – Alcune delle punte di armi ritrovate all’interno della grotta Achille Graziani.
Figura 3 – Disegni della industria litica proveniente dalla grotta Achille Graziani.
La grotta in questione fu utilizzata, saltuariamente, come punto di ricovero da gruppi di cacciatori e raccoglitori paleolitici che dalle sponde del lago Fucino, lungo le quali vivevano durante la maggior parte dell’anno, giungevano, con la bella stagione, tra i monti alto sangrini per cacciare soprattutto marmotte, lepri, camosci, stambecchi, cervi, uri e cavalli selvatici.[4] Difatti, le ossa degli animali appena elencati sono state ritrovate all’interno della grotta e forniscono numerosi indizi sul tipo di ambiente esistente durante il Paleolitico superiore in questo angolo di Abruzzo. Si può quindi dedurre come 18.000 anni fa nell’Alto Sangro, così come in gran parte del resto d’Europa, si estendevano vaste brughiere punteggiate da radi boschi di betulle e di abete bianco. Ciò costituiva una conseguenza del clima freddo al quale gli uomini, gli animali e le piante dell’epoca si erano necessariamente abituati.[5]
Figure 4 e 5 – Lo stambecco e la marmotta sono oggi animali simbolo delle Alpi ma 18.000 anni fa, quindi ancora in era glaciale, popolavano anche l’Appennino centrale e meridionale.
Figura 6 – L’uro, un grande bovino ormai estinto che in era glaciale abitava l’Europa e l’Asia. Da questo antico animale discendono i bovini domestici moderni.
Successivamente, circa 10.000 anni fa, il clima terrestre si riscaldò progressivamente e questo fattore comportò un profondo cambiamento ambientale. Difatti, le estese brughiere vennero ricoperte dai boschi tipici delle zone temperate e alcuni grandi animali, molto diffusi durante l’era glaciale, si estinsero a causa della scomparsa del loro habitat. Di conseguenza, l’uomo dovette abituarsi al nuovo ambiente e adottare altre strategie di sopravvivenza. In Alto Sangro, però, la frequentazione sporadica della grotta Achille Graziani da parte degli uomini non si arrestò ma continuò nonostante i cambiamenti globali. Tant’è vero che Radmilli trovò della ceramica sia dell’età del bronzo (3.500 anni fa) che dell’età romana (2.000 anni fa) negli strati più recenti del terriccio accumulatosi all’interno della grotta durante migliaia di anni. [6]
Qualche lettura per saperne di più:
Cimini Nicola Vincenzo, Genesi, Vita e Storia delle Terre dell’Orso, Opi 2010.
Radmilli Antonio Mario, Il paleolitico superiore nella grotta Achille Graziani (Parco Nazionale d’Abruzzo), Pisa 1955, Giardini Editori e Stampatori.
Radmilli Antonio Mario, Storia dell’Abruzzo dalle origini all’età del bronzo, Pisa 1977, Giardini Editori e Stampatori.
Radmilli Antonio Mario, L’Abruzzo dal Paleolitico inferiore alle genti Italiche, Pisa 1993, Polla Editore.
Tarquinio Gianluca, Pescasseroli. Lineamenti di storia dalle origini all’Unità d’Italia, L’Aquila 1988, Arti Grafiche Aquilane.
[1] Radmilli Antonio Mario, L’Abruzzo dal Paleolitico inferiore alle genti Italiche, 1993, Polla Editore, pp. 27-30.
[2] Altri manufatti preistorici, di epoca imprecisata, furono ritrovati nel secolo scorso presso Stazzo di Val di Corte, ai piedi di Coppo del Ginepro, nel territorio comunale di Scanno.
[3] Radmilli Antonio Mario, Storia dell’Abruzzo dalle origini all’età del bronzo, 1977, Giardini Editori e Stampatori, pp. 214-217.
[4] I resti di alcuni animali, come quelli di camosci, caprioli e lupi, testimoniano la presenza di determinate specie in Alto Sangro fin dalla preistoria.
[5] Radmilli Antonio Mario, Il paleolitico superiore nella grotta Achille Graziani (Parco Nazionale d’Abruzzo), 1955, Giardini Editori e Stampatori, pp. 484-485.
[6] Radmilli Antonio Mario, Il paleolitico superiore nella grotta Achille Graziani (Parco Nazionale d’Abruzzo), 1955, Giardini Editori e Stampatori, pp. 483.
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