Le Valanghe, il normale mutamento della natura. Che cosa sono. Perché avvengono. Perché a Pescasseroli e a Capracotta nevica maggiormente. di Riccardo Cicchetti Dal sito www.ilfaro24
|Le Valanghe, il normale mutamento della natura che distrugge ciò che l’uomo ha creato.
“La natura è mutamento o cambiamento”, disse Aristotele, tutto ciò che è frutto della creazione umana non è immune ad essa e resta un’instabile forza. L’uomo non potrà mai dichiararsi superiore alla grandezza della natura, dovrebbe cercare di rispettarla e aggirarla, difendendosi dal suo buono e normale intervenire, edificando secondo i rispettivi metodi di sicurezza da esso studiati, soprattutto al giorno d’oggi, tecnica in parte poco curata e restrittiva. Lo si è notato quando, un estremo fenomeno naturale, la Valanga, dopo le copiose nevicate e una serie di scosse di terremoto, ha travolto l’Hotel Rigopiano, a Farindola, lungo il versante adriatico dell’Appennino centrale/abruzzese, in provincia di Pescara.
Quando un vortice di bassa pressione ha avuto la meglio sul nostro territorio italico, si è approfondito sul medio-basso Tirreno, risucchiando, grazie alla sua rotazione ciclonica (antioraria nel nostro emisfero), una massa d’aria fredda di origine artico-continentale. Essendo un involucro d’aria troposferico molto freddo e secco, i fenomeni atmosferici sono iniziati a verificarsi là dove le correnti d’aria fredda nord-orientali o di Greco, hanno attraversato la superficie marina più tiepida, riscaldandosi dal basso e dunque ricevendo grandi quantità di umidità, come se la parte sottostante fosse diventata una spugna. Tuttavia, tali moti d’aria più calda, cosiddetti ascensionali, sono saliti all’interno del gradiente termico negativo dell’atmosfera soprastante, ossia potenzialmente instabile, raffreddandosi per espansione, e andando a generare per condensazione, nubi nella maggior parte cumulonembi, ovvero nuvole temporalesche. I violenti temporali provenienti dal mare, si sono spostati verso ovest, incontrandosi con le aree pedemontane e montane della nostra regione Abruzzo e ponendo le basi di una tragedia consumatasi subito dopo.
Allorquando le correnti in quota hanno sospinto la perturbazione nevosa nata dall’effetto ASE (Adriatic Effect Snow), verso il versante orientale della nostra catena appenninica, i moti convettivi (ascendenti e discendenti), si sono rinforzati a causa della barriera orografica che ha consentito il completo sollevamento forzato della massa d’aria più mite e umida acquisita dal mare (effetto stau), dando luogo, allo stesso tempo, a una situazione di blocco, dovuta anche alla persistenza dell’Anticiclone delle Azzorre fin verso la Penisola Scandinava che faceva scivolare l’aria fredda dal Mar Glaciale Artico sui suoi bordi orientali, cosicché, la depressione tirrenica, potesse essere imprigionata sul Basso Tirreno, continuando a convogliare aria fredda da est verso ovest, che diveniva instabile alimentando le nubi, le quali, non avendo modo di valicare il versante sopravvento, insistevano sempre sulle medesime aree. In questo modo, la perturbazione è diventata recalcitrante e con fatica si spingeva verso ovest/sud-ovest, facendo sì che le nuvole scaricassero abbondanti precipitazioni insistentemente sui settori adriatici, nevose fino a quote collinari, piovose e a carattere di nubifragio lungo la costa, in particolare tra domenica 15 e lunedì 16. Tra martedì e mercoledì, invece, le precipitazioni si sono intensificate e gran parte della perturbazione è riuscita a valicare il Massiccio del Gran Sasso e della Majella, grazie alla risalita del vortice di bassa pressione verso il medio Tirreno, causandone una ritornante e dunque un richiamo meridionale, più temperato, che è andato a convergere con le correnti gelide provenienti dalle aree balcaniche, facendo temporaneamente rialzare le temperature. Lo sbalzo termico, sopraggiunto nella serata di martedì, ha fatto sì che nevicasse inizialmente a quote superiori ai 1000 m, successivamente a quote molto basse, tra i 500 e i 600 m, seppur la temperatura si fosse attestata intorno agli zero gradi, per via delle forti correnti discensionali dei cumulonembi, che hanno trasportato l’aria più fredda verso il basso nelle zone ove le precipitazioni risultavano più intense, variando localmente l’andamento dello zero termico e consentendo alla neve al suolo di rimanere fresca e a tratti piuttosto bagnata. L’iniziale e consistente rialzo della temperatura attinente alle correnti meridionali e lo sbalzo termico verso il basso indicato dalla convergenza con esse da parte dei venti freddi da nord-est/sud-est, ha implicato un’instabilità marcata dell’abbondante coltre nevosa presente sui pendii delle montagne appenniniche, spesso resa vulnerabile dal medesimo Scirocco. Le scosse di terremoto della mattinata di mercoledì, dovrebbero aver contribuito nel distacco delle nevi, portandole a valle insieme a un’enorme quantità di alberi distrutti dalla pesantezza della neve contenente un alto tasso di acqua in forma liquida e ai detriti, sotto forma di slavina o propriamente il suo sinonimo, la Valanga.
Essa può verificarsi durante il periodo invernale, da Dicembre ad Aprile, come dicevo, abbiamo due tipologie di fenomeni valanghivi, che si sviluppano lungo i ripidi pendii innevati, a causa della neve fresca che non riesce ad assestarsi per via delle temperature di poco al di sopra dello zero, innescando valanghe “immediate”, diretta conseguenza della precipitazione nevosa, o possono verificarsi valanghe “tardive”, a seguito delle trasformazioni del manto nevoso annesse agli sbalzi termici, come abbiamo affermato collegati alla rotazione dei venti, alla temperatura, oppure a forti scosse di terremoto che, pur essendo quasi improbabili nel generarli, perché spesso originati dalle avverse condizioni atmosferiche, comunque, in questo caso, ne potrebbero aver incentivato la formazione.
6-7 Novembre 2017. Negli ultimi giorni, c’è stato l’ingresso una massa d’aria che, seppur più attenuata, era di origine artico-marittima, destabilizzata e riscaldata dal mare su cui è venuta a scorrere. I venti richiamati dall’alta verso la bassa pressione erano di Ostro e di Scirocco, forieri d’aria umida e in grado di pompare energia termica e molto umida nelle correnti ascensionali dei nembostrati e dei cumulonembi, incrementandole, allo stesso tempo maggiori nembostrati, in grado comunque di dare luogo a precipitazioni intense, perciò ha nevicato con temperature di poco al di sopra dello zero. Dopotutto, le correnti discendenti di tale tipologia di nubi, trasportano l’aria più fredda in quota verso il basso consentendo, in questi casi, rispetto allo zero termico e alle isoterme poco favorevoli, nevicate localmente fin sotto i 1300/1400 m, là dove i rovesci erano più forti. Tant’è che, com’è tipico di queste situazioni, gli strati d’aria o più umida e quindi con temperature di poco al di sopra dello zero hanno fatto sì che nevicasse con fiocchi enormi, pieni di neve contentente più acqua allo stato liquido, dunque più pesante. In effetti, lo strato d’aria con temperature di uno, due gradi favorito da aria decisamente umida e meno fredda, ha fatto sì che i fiocchi si sciogliessero ai bordi aderendo l’uno con l’altro, mutando in enormi fiocchi. Essendo la massa d’aria molto più fredda in quota, è chiaro che, come sai, più si è saliti di quota e più il gradiente è risultato negativo e l’aria instabile, da rendere i fiocchi meno forieri di acqua liquida, più secchi e farinosi a causa dell’aria fredda, densa e più secca che c’era in alta quota, dove sicuramente trovavi più neve, perché mentre a Pescasseroli prima che iniziasse a nevicare pioveva, a quote ben più alte, prima che arrivassero precipitazioni più intense accompagnate dalle fredde raffiche discendenti, a quelle quote già nevicava e l’accumulo era sicuramente maggiore rispetto a Pescasseroli dove mentre li nevicava, giù pioveva. In quanto al Maestrale, se scende dal Golfo del Leone, è in genere molto umido e se si incontra con lo Scirocco alimenta il vortice di bassa pressione per convezione data dalla convergenza tra i due venti. Se invece al posto dei vortici depressionari che continuano ad interessarci e ad essere alimentanti dall’aria moderatamente fredda e artica-marittima resa più instabile anche dal bacino del Mare Nostrum, ci fosse stato l’Anticiclone delle Azzorre, espanso sull’Europa occidentale, i venti nord-occidentali vengono costretti a scendere sul versante opposto delle montagne e, proprio come il Libeccio che è sempre un vento generalmente umido, ossia da sud-ovest, risultano più secchi e spazzano via le nubi. In questi casi, invece, alimentano un vortice di bassa pressione che non viene preceduto dall’alta pressione delle Azzorre che tende sempre più ad estendersi sul Nord Atlantico. Perciò il Maestrale, continua ad affluire dal Golfo del Leone dopo aver superato il Golfo di Biscaglia fin verso la Sardegna e il resto d’Italia alimentando la convergenza con i venti meridionali all’interno del vortice depressionario bloccato nel movimento verso sud-est da una configurazione sinottica che vede l’affluire d’aria più fresca da ovest/nord-ovest e l’alta pressione sui Balcani meridionali e sulla Penisola Arabica che ferma il vortice depressionario il quale, se si fosse spostato verso sud-est precedendo il rinforzo anticiclonico, sarebbe stato accompagnato da Maestrale in grado di spazzare le nuvole e rendere i cieli sereni. Invece questa bassa pressione è molto recalcitrante ed alimentata da aria moderatamente fredda artico-marittima. Il Maestrale è invece più secco quando si trasforma in aria secca e più mite scendendo sul lato sottovento delle montagne e soffiando dall’alta pressione in rinforzo da sud-ovest, cosicché è secco e ventoso e le montagne appenniniche là dove devia, lo rendono molto secco e favonico, dunque sulle regioni di nord-ovest sotto forma di Foehn o favonio. Un po’ come accade con il Libeccio umido che, quando valica le montagne subappenniniche e appenniniche, sul versante orientale ossia sottovento, diviene secco e molto mite (cosiddetto Garbino, come il favonio), un vento di ricaduta che, per compressione, fa evaporare la maggior parte delle nubi.
Quali sono le condizioni per le quali a Pescasseroli nevichi?
Le configurazioni sinottiche per le copiose nevicate, Pescasseroli le ha tutte a favore, salvo in questi casi quando l’aria è più fredda in quota che negli strati più bassi dell’atmosfera. Sicuramente la classica “rodanata” d’aria davvero fredda artica e artico-marittima è la condizione migliore ma può dipendere dalla posizione del vortice di bassa pressione e dall’intensità delle precipitazioni dovuta ai richiami sciroccali o alle libecciate più miti e umide che convergono in essa formando ammassi temporaleschi o cumulonembi forieri di intense precipitazioni nevose o così denominati “temporali di neve”. Tuttavia, nel passare degli anni, Pescasseroli prende molto da sud-est, come diceva il tuo amico con il Grecale che in genere soffia da nord-est ma su questi settori possono esserci anche raffiche da sud-est, molto fredde ed eccessivamente umide, le quali, sorvolando il mare Adriatico più caldo della norma ne prendono violenta instabilità ossia intense correnti ascensionali dal basso che vengono agevolate ancora di più quando impattano sul versante sopravvento delle montagne appenniniche, facendo sì che le nubi nembostrati e cumulonembi producano rovesci nevosi a tratti molto copiosi. La neve che arriva dal mare è dunque, con il passare degli anni, più favorevole di una “rodanata” per Pescasseroli. Un po’ come a Capracotta, in Molise, ove l’aria gelida artica giunta sul mare si destabilizza e poi viene, per sollevamento forzato, ad impattare sull’area pedemontana, facendo sì che le correnti ascensionali consentano alle nubi di gettare molti cm di neve.
Le precipitazioni provenienti da est non scaricano maggiormente lungo il versante orientale dell’Appennino?
Se le correnti da nord-est sono molto intense lo “stau appenninico” viene agevolato e avviene lo cosiddetto “sfondamento appenninico” con nevicate a tratti anche abbondanti fin sulla Marsica sud-orientale e anche sul versante orientale del Molise.
Vi ringrazio per la cortese attenzione.
Riccardo Cicchetti